Intanto non ha tradotto per il Vaticano, né ne è stato il “traduttore ufficiale”. Ha lavorato per pochi anni presso le Edizioni San Paolo, che sono, sì, una casa editrice cattolica, ma non quella ufficiale del Vaticano.
In un’intervista ha dichiarato di aver studiato ebraico con «20-25 lezioni serali» seguite da otto mesi come autodidatta:

L’intervista è stata riveduta e corretta da Biglino stesso:

Infatti, su due post su Instagram ha mostrato di aver sbagliato a scrivere, in media, una parola su quattro.
Ecco ciò che lui stesso ha postato sul suo profilo Instagram ufficiale (le correzioni in rosso e in bianco sono mie):


2. Ha scritto due parole attaccate e ha dimenticato i maqqef tra le parole אל־כל־עדת
3. Ha scritto una lettera (ת) per un’altra (ה)
4. Ha saltato una lettera finale ה nel verbo נראה (“fu vista, apparve”)
5. Ha scritto le parole attaccate come se fossero tutt’una
6. La nun sofit (ן) sembra quasi una lamed (ל)
7. Ha dimenticato una waw nel plurale di שמות (lett. “Nomi”), il nome ebraico del libro dell’Esodo
Ha scritto diverse parole attaccate l’una all’altra, in altre parole ha saltato delle lettere, ha scritto più volte una lettera per un’altra e, cosa ancora più surreale, ha sbagliato a scrivere “Genesi” ed “Esodo”, che in teoria un esperto biblista dovrebbe conoscere molto bene.
Inoltre, in almeno uno dei suoi libri troviamo l’accento sistematicamente sbagliato sul termine ṣèlem.


Per evitare questo errore, gli sarebbe bastato leggere ciò che scrivono le grammatiche di ebraico:

Quando ho fatto notare questa cosa, qualche fan di Biglino ha provato a minimizzare, ma in realtà si tratta di un errore da principianti:

A voler fare i pignoli, anche lo stesso modo di scrivere mostra una scarsa dimestichezza con la lingua. Ecco infatti il quaderno degli appunti di uno studente che si trova alla tredicesima lezione di ebraico (come è scritto in alto a destra):

Qui non si tratta di semplice grafia diversa. In più di un’occasione, Biglino ha mostrato di confondere una lettera con un’altra. Il che, secondo me, mostra una scarsa familiarità con la lingua.
Mi si obietterà: «Ma intanto lui è stato traduttore! Come ha fatto a lavorare per le San Paolo?». In un’email delle edizioni San Paolo si rivela che fu preso per cooptazione e tramite conoscenze personali.
Leggiamo il frontespizio di una delle opere in cui ha collaborato:

Come si legge nell’immagine qui sopra, c’è scritto chiaramente che il testo italiano è preso da altre edizioni: «Testo italiano della Nuovissima Versione della Bibbia e di Mons. Gianfranco Ravasi». Qui di seguito c’è scritto pure che sulla «stesura provvisoria della versione interlineare» (che peraltro non vuol dire “traduzione”) si è dovuto «lavorare di lima», il che fa pensare che non fossero proprio eccelse.

Lungi dall’essere «traduttore ufficiale del Vaticano per oltre trent’anni» (come ho sentito dire più volte) la sua collaborazione presso le edizioni San Paolo sarà durata al massimo un decennio, dato che dice di aver cominciato a studiare a 50 anni, cioè nel 2000 e che il suo primo libro a tema paleoastronautica è uscito nel 2010.
Ad ogni modo, l’aver curato delle traduzioni interlineari non è per niente attestazione di una vasta o profonda conoscenza della lingua ebraica. Infatti, commette diversi errori e mostra poca dimestichezza con la lingua quando pronuncia o translittera diversi termini ebraici quali ṣelem o nikoaḥ o kavod. Quest’ultimo, ad esempio, lo ha sempre scritto e pronunciato come kevod finché qualcuno non gli fece notare l’errore.
Ricapitolando:
- nel suo ebraico vi sono madornali errori di pronuncia e di scrittura che mostrano scarsa familiarità con la lingua;
- ha sbagliato due volte a scrivere i nomi dei libri biblici su cui basa gran parte delle sue teorie;
- su almeno un libro da lui curato c’è scritto che il testo italiano non è suo;
- ha dimostrato, almeno in un caso, di aver ingigantito le credenziali di gente che citava a supporto delle sue tesi.
Insomma, nulla fa pensare che le sue conoscenze di ebraico siano così avanzate al punto di poter addirittura di “riscrivere la storia”. Anzi, diversi elementi fanno pensare, piuttosto, che il suo livello di ebraico sia del tutto compatibile con quello che si può imparare con 20-25 lezioni e con qualche mese da autodidatta, che può forse bastare per curare una traduzione interlineare appoggiandosi magari su un testo italiano già presente, ma certamente non sono lontanamente sufficienti per suggerire nuove traduzioni lasciando intendere che i dizionari siano sbagliati o incompleti o condizionati ideologicamente, mentre lui non lo sarebbe.
Ma poi, ammettiamo pure che abbia davvero tradotto la Bibbia come sostiene. Se quando ha lavorato presso le San Paolo ha tradotto letteralmente, chi ci può garantire che tutto ciò che dice ora sia vero o corretto? Infatti, quando traduceva letteralmente, kavod voleva dire “gloria”, ruaḥ “vento, spirito” ed elohîm “Dio”. Se prima, per contratto, traduceva alla lettera, ora non lo fa più.
L’argomento è spiegato in maniera più approfondita qui.