La pseudostoria vista dagli pseudostorici
La pseudostoria si presenta come un insieme di teorie (o meglio, ipotesi) che metterebbero in discussione i paradigmi correnti, che la storia erroneamente chiamata “ufficiale” rifiuterebbe o per un suo dogmatismo di fondo, oppure proprio per la volontà esplicita di occultare delle presunte verità scomode, che gli pseudostorici starebbero rivelando. A questi ultimi, quindi, piace dipingersi come degli eroi che starebbero combattendo contro un sistema malvagio e oppressivo che vorrebbe tenere le persone nell’ignoranza. Il problema è che questo sistema malvagio e oppressivo, almeno per quanto riguarda il mondo accademico per come ne faccio esperienza io, mi sembra più uno spauracchio che un’entità reale.

Nel corso dei decenni, gli pseudostorici hanno elaborato una serie di miti e di luoghi comuni (errati) su sé stessi e sul mondo accademico. In questo articolo sfatiamo i principali, che sono i seguenti:
- “L’accademia è dogmatica”
- “L’accademia ha paura di riscrivere la storia”
- “Gli accademici hanno paura di perdere il posto”
- “All’università si imparano solo a memoria le cose scritte da altri”
- Ci sono persone che invece avrebbero scoperto la verità:
- Henrich Schliemann
- Wallace
- Galileo
- Giordano Bruno
1. “Gli accademici sono dogmatici”

L’idea di una presunta dogmaticità del mondo accademico è smontata da un’enorme quantità di dati di fatto. Ad esempio, quando si scrive una tesi di laurea si deve dire qualcosa di nuovo, altrimenti questa non viene ammessa proprio alla discussione. Non è esattamente ciò che ci si aspetterebbe da un’istituzione dogmatica.
Così come il periodo post lauream chiamato dottorato di ricerca, che si conclude con l’abilitazione alla ricerca: se non si portano dei risultati alla fine di ogni anno (o addirittura ogni semestre, a seconda dell’ateneo) si rischia di essere sbattuti fuori e in alcuni casi anche di restituire lo stipendio percepito fino a quel momento (se lo si è percepito, perché esistono anche i dottorati senza borsa). Inoltre, nella tesi di dottorato, in misura ancora maggiore rispetto alla tesi di laurea, c’è proprio l’obbligo di aver avanzato lo stato delle ricerche su quel determinato argomento.
La cosa non finisce neanche con il dottorato: per ottenere e per mantenere un posto da professore, c’è un numero minimo obbligatorio di pubblicazioni accademiche (tra articoli e libri). Se non si soddisfa questo requisito, non ci si può accedere all’abilitazione a professore, oppure la si perde. Se a questo si aggiunge che, ancor più che con le tesi di laurea e di dottorato, si deve pubblicare qualcosa di nuovo, ecco che il sistema universitario, così come è strutturato, è quanto di più antidogmatico si possa immaginare.
Senza contare, poi, le differenti opinioni e correnti di pensiero su vari argomenti nelle varie discipline, per cui chi parla di mondo accademico dogmatico è probabile che non abbia mai messo piede in un’università. Alla fine questa affermazione mi sembra solo una calunnia, un pretesto per poter dare l’illusione di avere ragione senza avere l’onere della prova. È come se lo pseudostorico dicesse: «sono tutti dogmatici tranne me». Il che a me pare molto dogmatico.
Anzi, questa obiezione può essere rispedita al mittente: è proprio negli pseudostorici che ho notato un attaccamento personale, quasi identitario, verso le loro “teorie” preferite. Quando ancora ero così ingenuo da credere che ci si potesse discutere, ho notato che troppo spesso le rispoete che ricevevo spostavano il discorso sul piano personale, confondendo critiche alle idee con gli attacchi alla persona: come le mie critiche alle idee venivano scambiate per attacchi alla persona, così l’interlocutore attaccava la mia persona come se ciò invalidasse automaticamente le mie idee.


Nell’università è incoraggiato lo spirito critico, sia verso le fonti, sia verso la cosiddetta “letteratura secondaria”, cioè gli studi degli storici moderni. Per come dovrebbero essere trattate le prime, rimando al precendente articolo, mentre per quanto riguarda gli studi moderni, si sa che ci sono punti di vista diversi tra gli autori (ma questo vale anche per gli antichi). In entrambi i casi, sia se si tratti di fonti antiche, sia se si tratti di autori moderni, i vari punti di vista, che spesso possono essere anche contraddittori, vanno messi a confronto tra loro in modo critico.
Gli pseudostorici, invece, credono ciecamente e acriticamente non solo alle fonti, ma anche agli altri pseudostorici: le traduzioni inventate dal sumero e dall’ebraico ormai sono prese per buone nel mondo della pseudostoria, anche se, come ho dimostrato in altri video e in altri articoli, sono pieni di strafalcioni e forzature.
So che gli aneddoti non sono prove valide, comunque riporto due mie esperienze che per me mostrano ancora una volta l’infondatezza dell’idea di dogmaticità accademica: in un caso, una pubblicazione mi fu rifiutata perché non avevo criticato abbastanza gli studi precedenti sull’argomento e invece un articolo che ho appena finito di scrivere, in cui metto in discussione ciò che hanno scritto diversi studiosi (anche autorevoli), mi è stato accettato praticamente senza riserve. Che un articolo venga accettato praticamente così com’è è qualcosa di più unico che raro. Se l’accademia fosse dogmatica, non si sarebbe verificato nulla di tutto ciò.
Come ho già detto più volte, ma che fa sempre bene ripetere, è che l’accademia si basa sulle evidenze. Se qualcuno, come gli pseudostorici, presenta un’ipotesi senza portare le evidenze necessarie, non può aspettarsi che tutti gli credano sulla parola. A me pare che la scena che si verifichi puntualmente sia questa: arriva lo pseudostorico di turo, presenta la sua ipotesi infondata o fondata su prove sbilenche, il mondo accademico critica la teoria per i suoi difetti strutturali e lo pseudostorico, invece di fare autocritica, grida al dogmatismo.
Alla fine mi pare che dire «è dogmatica» significhi «non crede a quello che dico io», cioè «non mi crede sulla parola».
Due esempi in cui la storia si è corretta sono rappresentati dalla presunta divisione dei feudatari in una struttura gerarchica divisa in vassalli, valvassori, valvassini e dal raccontare che i primi cristiani si riunivano nelle catacombe. Entrambe le ipotesi storiografiche, con cui sono cresciuto da ragazzino, sono state nel frattempo accantonate dagli studiosi. Quello di rivedere i propri errori a me sembra l’opposto del dogmatismo.
Se il mondo accademico ammette un errore, quest’ultimo è strumentalizzato dagli pseudostorici, come si vede nella figura qui sotto. Inoltre, ogni singolo punto dei tanti in cui il mondo accademico ha dei dubbi (a proposito, ma l’accademia non era dogmatica?) viene usato e ingigantito per giustificare le proprie idee. Non ci sarebbe bisogno di fare ciò se avessero le prove di ciò che dicono. Ma non ne hanno, per cui devono appigliarsi a queste scorrettezze come quella che mostro qui di seguito.

2. “Gli accademici hanno paura di riscrivere la storia”
Come ho scritto nel post precedente, tutto ciò che gli accademici sostengono è basato su evidenze. Come possono delle nuove evidenze cancellare tutte quelle raccolte finora? Al massimo correggono o aggiungono qualcosa di nuovo e, anzi, il mestiere di storico consiste proprio nel cercare prove che portino la novità (si veda il punto precedente). Non vedo come possa esistere qualcosa che cancelli o metta in discussione letteralmente tutto, non è proprio possibile.
Un esempio eclatante di quanto sia sbagliato questo preconcetto è dato dal sito di Göbekli Tepe. Come ho già detto, è stato scoperto da accademici, è studiato da accademici, la scoperta è stata divulgata dal mondo accademico, che non si è fatto problemi nel rivedere alcune datazioni. Se il mondo accademico fosse così dogmatico come viene dipinto dagli pseudostorici, nulla di tutto ciò sarebbe mai avvenuto.
Anzi, i documenti e i resti archeologici non sono mai abbastanza, quindi ben venga ogni nuova scoperta, come quelle che sono state fatte a Nag Hammadi, nella genizah del Cairo e a Qumran: tutte e tre rappresentano scoperte eclatanti di documenti risalenti da pochi secoli fino a due millenni fa. Filologi e storici si sono buttati a capofitto nello studio di tali documenti che sono preziosissimi per ricostruire periodi cruciali per la storia e su cui le fonti a disposizione sono scarsissime.
Finora questa reazione l’ho vista nei difensori della pseudostoria, in particolare in quel suo ambito detto “paleoastronautica”, cioè la dottrina secondo cui saremmo stati visitati in passato dagli alieni: gente che non cambia idea neanche davanti alle evidenze (es. gli strafalcioni nell’ebraico, per cui si veda la conversazione riportata più sopra).
3. “Gli accademici temono di perdere il posto se ammettessero certe cose”
Al momento, mi occupo di astronomia ebraica: traduco, analizzo, studio testi ebraici contestualizzandoli nell’astronomia non ebraica. Immaginiamo che un giorno si scopra che esistono gli alieni: chiedo a chi sostiene una cosa del genere di spiegare come farei a perdere il posto in questo scenario. Cosa c’entra ciò che faccio con l’esistenza o meno di alieni?
Anche questa obiezione si può tranquillamente rigirare agli pseudostorici: sono proprio loro quelli che avrebbero solo da perdere, in termini economici, nell’ammettere che ha ragione la storia cosiddetta “ufficiale”. Ho già fatto altrove l’esempio del business che c’e attorno a quella branca della pseudostoria chiamata paleoastronautica: Erich Von Däniken vi ha realizzato un parco a tema, la Uno editori stampa fumetti e ha realizzato un gioco da tavolo, senza contare i film basati su questa “teoria”. Insomma, a me pare che i primi a temere di perdere una fonte di guadagno siano proprio gli pseudostorici e la gente che vi gravita attorno.
In ogni caso, non c’è da ammettere proprio niente: le teorie pseudostoriche, così come sono presentate dai loro stessi autori, si invalidano da sole.
4. “All’università si imparano a memoria le cose scritte da altri”
Questa critica, per cui valgono le cose dette nel punto precedente, la rigiro agli pseudostorici, perché è un fenomeno che vedo accadere continuamente proprio presso di loro. Il più delle volte, infatti, le teorie degli pseudostorici sono solo nuovi rimescolamenti di vecchie teorie.
Nei commenti vedo gente che ripete a pappagallo tutti gli slogan dello pseudostorico di turno, senza aver fatto una minima ricerca.
La pseudostoria si basa inoltre sul principio di autorità. Troppe volte si legge o si sente dire, ad esempio «l’ha detto Wallace» (per cui si veda il prossimo punto). La questione, tuttavia, non è se l’abbia detto o meno, ma se l’ha dimostrato o no. Il fatto che qualcuno qualche volta abbia detto una cosa che sembra dare ragione, non vuol dire che sia così. Di fatto, comunque, si finisce per ripetere gli slogan dell’autore di pseudostoria di turno.
Un esempio eclatante di racconto ripetuto a pappagallo è dato dalla presunta descrizione della bomba atomica che sarebbe contenuta nel Mahabharata. In questo testo indiano, si parla di un’arma terribile e si parla anche di gente che perde unghie e capelli. Gli autori de Il mattino dei maghi concludono che quell’arma era una bomba atomica e che la perdita di unghie e capelli è da ricollegare agli effetti delle radiazioni. Questo racconto fu ripreso da Von Däniken (che praticamente plagiò Il mattino dei maghi) e poi dall’autore di paleoastronautica Childress. Ormai, se si chiede a qualsiasi paleoastronautico, costui dirà che i testi indiani parlano di esplosioni atomiche.
In realtà i due episodi (menzione dell’arma e perdita di unghie e capelli) sono separati da trent’anni durante i quali l’arma è stata distrutta senza neanche essere usata e la perdita di unghie e capelli era dovuta, nel racconto, all’azione di roditori su cadaveri di gente morta in una battaglia combattuta a colpi di pentole e padelle! Questo episodio mostra quindi che gli autori di paleoastronautica sono i primi a ripetere a pappagallo le cose senza andare a verificare direttamente alla fonte.
5. I miti della pseudostoria: Schliemann, Wallace, Galileo, Bruno
Heinrich Schliemann (1822-1890)
Per gli pseudostorici è quello che ha ebbe l’apertura mentale di credere ai testi antichi che quindi sfidò la “scienza ufficiale” che lo derideva. In realtà c’erano accademici prima di lui che avevano avanzato la sua stessa ipotesi, ben prima che nascesse: Richard Pococke (1704-1765), Franz Kauffer, teologo (1744-1814), Edward Daniel Clarke, chierico (1769-1822), Charles MacLaren (1782-1866) nel 1820 e Frank Calvert, contemporaneo di Schliemann, al quale disse di scavare in quel punto dove poi Schliemann trovò la città.
Alla fine, comunque, Schliemann, a differenza degli pseudostorici, ha portato le prove (anche se ha fatto danni irreparabili) e infatti il mondo accademico si è ricreduto
Alfred Russel Wallace (1823-1913)
Contemporaneo e collega di Darwin, credeva nell’evoluzione, ma non in quella umana, per cui i fan della paleoastronautica lo citano ad esempio. Il fatto è che Wallace non credeva all’evoluzione naturale umana non perché credeva fossimo un esperimento alieno, ma perché era uno spiritualista.
Comunque sia, il semplice affermare “secondo me con l’essere umano l’evoluzione non funziona” è una pura opinione. Ma un conto è affermare, un altro è dimostrare, e Wallace non ha portato nessuna prova. Nell’ultimo secolo, invece, sono stati scoperti molti fossili di ominidi, quindi abbiamo le prove che Wallace si sbagliava.
Galileo (1564-1642)
Gli pseudostorici sono stati spesso paragonati a lui, che ha portato la novità ed è stato osteggiato per quello
Il paragone, ancora una volta, non regge, perché lui ha portato le prove. Gli pseudostorici, ovviamente, no. Inoltre, è la pseudostoria (es. paleoastronautica) a rigettare quello che dice la scienza e dire che ha ragione la Bibbia
Esattamente come facevano coloro che condannarono Galileo (e bruciarono Giordano Bruno)
Giordano Bruno (1548-1600)
Ritenuto martire del libero pensiero e antagonista della Chiesa, è ritenuto un eroe dagli pseudostorici (oltre al fatto che gli vengono attribuite parole e teorie che non ha mai avuto). Anche in questo caso, il paragone è improprio:
lui proponeva un nuovo modo di vedere il mondo, mentre gli pseudostorici, come vedremo poco più avanti, ne rivogliono uno vecchio. Bruno morì per le proprie idee, mentre gli pseudostorici non si prendono le loro responsabilità: se le loro ipotesi non vengono accettate, non fanno autocritica, ma fanno ricadere la colpa sugli altri.
La pseudostoria è davvero progresso?
Come ho detto all’inizio di questo articolo, agli pseudostorici piace pensare a sé stessi come dei pionieri che porterebbero qualcosa di nuovo. Ancora una volta, i fatti raccontano un’altra storia. Torniamo ai personaggi che la pseudostoria considera come esempi: i più recenti tra di essi sono nati quasi 200 anni fa. Gli pseudostorici si rifanno quindi a un periodo in cui l’archeologia stava ancora nascendo e che, nel frattempo, ha fatto passi da gigante: è solo all’archeologia impropriamente detta “ufficiale” che si devono tutte le scoperte fatte finora. Ad oggi, i metodi farlocchi inventati dalla pseudostoria (es. il “realismo fantastico”) non sono serviti letteralmente a niente di utile per la collettività e risultano solo un pretesto per vendere delle ipotesi che fingono di essere scientifiche, ma che di fatto non lo sono.
Lungi dal rappresentare “il nuovo che avanza”, la pseudostoria si rivela invece parecchio reazionaria, infatti si rifà ai testi antichi, prendendoli anche per veri. Il che è particolarmente curioso, dato che anche la teologia, ormai da secoli, usa i metodi di indagine moderni, che prevedono un distacco critico dalle fonti.
Gli pseudostorici preferiscono prestare fede alle fonti antiche al punto da rigettare le prove scientifiche, se queste contraddicono i testi sacri. Un esempio su tutti, l’esointerventismo, cioè la dottrina secondo cui la nostra specie sarebbe stata creata in laboratorio, si rifà alla Bibbia, rigettando tutte le evidenze in favore dell’evoluzione. Trovo significativo che un difensore di tale dottrina, in risposta a uno scienziato, non trovi di meglio che dire praticamente “ma sulla Bibbia è scritto così”, esattamente come coloro che condannarono Galileo e mandarono al rogo Giordano Bruno.
La pseudostoria è un modo per rigettare la modernità e spesso è legata all’esoterismo. L’atteggiamento di fondo è comune: ricercare nei testi antichi eventuali verità perdute e forse nascoste da qualcuno (sfociando quindi nel cospirazionismo).
Di fatto, in nessun caso ha mai fatto avanzare lo stato delle ricerche. Nonostante voglia far credere di inventare cose all’avanguardia della tecnologia, è l’equivalente di una persona che si siede in un aereo finto e immagina di volare più in alto di tutti.
La pseudostoria vista dal mondo accademico
Non entra nel merito del contenuto. Anzi, se provassi a mandare un articolo di debunking in una rivista accademica, mi verrebbe respinto. Nel contenuto non c’è nulla di scomodo, ma tutto di sbagliato e non avrebbe senso un articolo di correzione delle teorie pseudostoriche, perché non aggiungerebbe niente di nuovo: sarebbe solo un ripetere cose che si sanno già.
A un accademico non ci vuole niente per accorgersi delle castronerie dette dagli pseudostorici che, infatti, preferiscono rivolgersi al grande pubblico, vendendo loro le proprie dottrine spacciandole per ipotesi scientifiche, invece di proporle gratuitamente al mondo accademico, come fanno tutti i ricercatori seri.
Allargando a tutta la pseudostoria ciò che si è detto riguardo alla paleoastronautica, ecco come è vista dal mondo accademico: più che un insieme di teorie “alternative”, è studiata in quanto fenomeno socio-antropologico. È considerata un’ideologia che ha legami con il complottismo e con l’esoterismo (“conspirituality”).
Conclusioni
Allo stato attuale delle cose, non c’è e non può esserci confronto.
Storia e pseudostoria si muovono su piani totalmente diversi, usano metodi totalmente diversi (la prima si basa sulle prove, la seconda fa solo ipotesi) e, soprattutto, hanno finalità diverse: la storia è interessata alla ricerca, mentre la pseudostoria, come il suo eroe Schliemann, sembra essere interessata più a seguire la fama e il denaro.
È, tuttavia, importante fare attenzione a non ragionare in termini di “squadre di calcio”. Non si tratta, infatti, di creare due schieramenti, ad esempio gli “ufficiali” contro gli “alternativi”, perché questo vorrebbe dire stare al gioco degli pseudostorici, a cui fa comodo creare lo spauracchio di un’inesistente “storia ufficiale”.
Alla fine, tutto ciò che conta è che una teoria non si giudica in base a chi la propone (se ha titoli o meno, ecc.), ma unicamente sulle evidenze che porta e sul rigore metodologico delle sue argomentazioni. Al momento, tutte le teorie pseudostoriche presentano delle gravi mancanze in tutti e due gli ambiti. In altre parole, a oggi, nessuno degli autori di pseudostoria che ho letto finora ha mai portato evidenze concrete e in più hanno tutti commesso altri gravi errori metodologici di fondo, a volte arrivando ad inventare “metodi” farlocchi dalla palese inefficacia.
Quindi, se non è questione di essere storici accademici o “alternativi“, come si distinguere la storia dalla pseudostoria? Questo sarà l‘argomento del prossimo video e del relativo articolo.