Pauwels e Bergier
Uno dei principali testi responsabili della diffusione della paleoastronautica in Europa è Il mattino dei maghi (Le matin des magiciens), apparso nel 1960 in Francia ad opera di Louis Pauwels e Jacques Bergier. In questo libro che divenne un best seller, gli autori propongono una nuova corrente di pensiero (o, meglio, un approccio epistemologico) che definiscono “realismo fantastico”. L’intento è quello di colmare le presunte lacune della scienza e della storiografia positiviste, ritenute in crisi, promuovendo l’apertura verso tutto ciò che è inspiegato o inspiegabile. Al “realismo fantastico” dedicheranno poi un’intera rivista, Planète, che dirigeranno per circa un decennio dopo la pubblicazione del libro e che sarà la promotrice della diffusione in Francia delle opere del già citato Lovecraft (Colavito 2013, p. 32; cfr. inoltre Pauwels e Bergier 2010, p. 513).
Col “realismo fantastico”, gli autori si ritengono i diretti prosecutori dell’opera di Charles Fort, a cui pure si è accennato nella prima parte, che si mostrava generalmente scettico verso la scienza. Oltre a promuovere il superamento della scienza materialista, i due autori prendono allo stesso tempo le distanze anche dallo spiritualismo, ritenendo “imposture” l’occultismo in generale e la teosofia in particolare (p. 326), salvo poi, però, citare il teosofico Libro di Dzyan (pp. 247, 365) per dimostrare le loro ipotesi. Per “realismo magico” i due autori sembrano quindi intendere un approccio quasi scientifico che però sia aperto a tutto e non dogmatico come invece definiscono (a sproposito) la scienza moderna.
Il mattino dei maghi contribuì a diffondere gran parte delle idee che diverranno poi i luoghi comuni della pseudostoria, come ad esempio il presentare quest’ultima come il risultato di un approccio fatto con una mente aperta (p. 24), in contrasto con il presunto dogmatismo della scienza (p. 46, p. 91) e della storiografia ufficiali. Paradossalmente, questo luogo comune diventerà a sua volta un vero e proprio dogma di chi si occupa di teorie cosiddette “alternative”. Messo in giro dagli pseudostorici, che hanno tutto l’interesse per screditare la “concorrenza” della scienza ufficiale, questo dogma è ripetuto dai loro lettori senza che venga mai messo in discussione e può attecchire solo presso chi non ha non ha mai fatto ricerca universitaria e non ha quindi visto di persona che le cose stanno diversamente, come già discusso in un precedente articolo.
Tornando a Il mattino dei maghi, l’opera si divide in tre parti: la prima dedicata alle civiltà scomparse e alla possibilità che siano state visitate, se non proprio influenzate o addirittura create, da esseri provenienti da altri pianeti; la seconda è dedicata ai presunti legami fra il nazismo e l’occultismo, legami la cui esistenza storica, peraltro, non è documentata, essendo una “tradizione inventata” sorta solo nel dopoguerra (per cui v. le opere di Julian Strube riportate in bibliografia); nella terza parte, gli autori speculano su presunte potenzialità nascoste dell’essere umano, sulla definizione di stato di veglia e di stati di coscienza superiori, nonché sull’eventualità di mutazioni genetiche pilotate ai fini del potenziamento dell’intelligenza della specie umana.
L’approccio degli autori nei confronti della scienza e della spiritualità è curioso e apparentemente ambivalente, poiché, se da un lato teorizzano e auspicano di fatto l’eugenetica con teorie ascritte agli stessi nazisti, dall’altro condannano questi ultimi, sostenendo che fossero preda di entità malvagie che li usavano come pedine. Inoltre ritengono che la diffusione delle conoscenze scientifiche debba essere limitata a poche persone, auspicando quindi di rendere la scienza in un certo senso “esoterica”:
Notre proposition est celle-ci: codification des conquêtes de la science de la nature réalisées jusqu’ici et interdition totale ou partielle de son progrès futur par un conseil suprême mondial de savants (p. 80).
Gli autori sostengono, infatti, senza però dimostrarlo con prove, che ciò che noi oggi abbiamo scambiato per esoterismo non sia altro che ciò che rimane delle teorie scientifiche delle presunte civiltà precedenti, che sarebbe stato, quindi, del tutto frainteso. Ritenendo, tuttavia, l’esoterismo come il residuo di una scienza antica (pp. 87, 92, 239, ecc.) e l’occultismo come impostura, non è chiaro perché poi diano per certe delle presunte influenze da parte di entità malvagie sui nazisti (pp. 433, 444) e in particolare di una vera e propria possessione nel caso di Hitler. Forse le due visioni contrastanti sono i diversi punti di vista di ciascuno dei due autori.
Il loro “realismo fantastico” è considerato più un’arte che una scienza (p. 87) ed è aperto all’idea che l’essere umano possegga facoltà inesplorate quali poteri extrasensoriali, levitazione, ecc., anche se non vi sarebbe nulla di magico o di mistico in ciò (p. 126): si tratta solo di conoscenze di tipo tecnico, che sarebbero state mistificate nel corso della storia. Quest’ultima procede peraltro con un andamento a spirale (p. 114), volendo significare che a ogni ritorno corrisponde un ritrovarsi in un punto vicino a quello precedente, ma a un livello superiore (pp. 134, 356).
Le civiltà antiche, la cui esistenza viene prima ipotizzata come mero esercizio di apertura mentale (p. 233) e nella pagina successiva è improvvisamente data praticamente per certa, avrebbero sviluppato delle tecnologie in campo prima di tutto parapsichico (p. 213), oltre che tecnologico, come dimostrerebbero alcuni passi della Bibbia (citando lo scienziato sovietico Mates M. Agrest) e altri testi indù, quali il Ramayana e il Mahabarata (pp. 247-248).
L’approccio del “realismo fantastico” è direttamente ispirato all’opera di Charles Fort (p. 196), anche lui fortemente scettico verso il pensiero magico-esoterico (p. 200), così come lo era verso la scienza positivista. Quindi, se Fort non escludeva, a livello puramente ipotetico, che il nostro pianeta fosse stato visitato in passato, perché dovremmo escluderlo noi (pp. 204, 207)? Questo è, infatti, tutto quello che hanno da dire gli autori in merito a ciò che ci autorizza a parlare di un presunto paleocontatto: semplicemente accogliere un’ipotesi formulata così pour parler, prendendola in considerazione senza nessun’altra motivazione se non «nessuna immagine è troppo forte e nessuna ipotesi è troppo aperta» (p. 207).
Che poi l’immagine di questi presunti esseri extraterrestri scambiati per divinità dai popoli del passato sia stata resa più efficace, lo è grazie alla sua diffusione, dovuta all’attiva divulgazione, promossa dai due autori, dell’opera di Lovecraft, che essi ritengono padre della fantascienza, oltre che un novello Omero (p. 209).
Peter Kolosimo
Un nome celebre della paleoastronautica è in realtà uno pseudonimo: nato nel 1922 come Pier Domenico Colosimo, dopo una militanza fascista, l’autore noto come Peter Kolosimo passò dalla parte opposta dello spettro politico (pag. 3). Fino alla sua morte nel 1984, scrisse numerosi libri e diresse svariate riviste a tema non solo strettamente paleoastronautico, ma più in generale di quella che viene chiamata “scienza di confine” o “pseudoscienza”.
Il suo atteggiamento nei confronti della scienza e della storiografia ricorda molto da vicino quello di Pauwels e Bergier, prendendo le distanze alla stessa maniera dal materialismo e dallo spiritualismo:
«Non credere a niente o credere a tutto», disse Pierre Bayle, lo scrittore francese precursore di Voltaire, «sono qualità estreme che non valgono nulla». Ed è proprio attestati su queste due posizioni che troviamo coloro i quali ritardano o impediscono la soluzione dei grandi enigmi scientifici: da una parte i parrucconi di tutte le discipline, rintanati nel loro sterile scetticismo, dall’altra i visionari, i pazzoidi, gli imbroglioni, spacciatori di fumo a cui certa stampa da credito al solo scopo d’incrementare la tiratura speculando sull’insaziabile sete di magia del pubblico.
Non è chiaro come la sua via (come quella di Pauwels e Bergier) sia migliore della seconda, visto che si rifiuta di usare i metodi della scienza moderna da lui ritenuta pedante: questi metodi saranno anche più noiosi e richiedono molto più studio, ma, dato che si basano sulle prove e le dimostrazioni, esistono apposta per far sì che ogni affermazione sia basata quanto più possibile sulla realtà e non sulle ipotesi o, peggio, sulle fantasie.
Nel secondo capitolo “I demoni dello spazio” del suo Non è terrestre (da cui è tratta la citazione qui sopra), ormai un classico della paleoastronautica, si scaglia con piglio fortemente polemico contro George Adamski, uno dei più celebri contattisti dell’epoca:
Come tanta gente abbia potuto abboccare alle «rivelazioni» di Adamski, è quasi inconcepibile: i parti della sua fantasia sono così puerili da far giudicare capolavori d’inventiva, al confronto, i più scadenti fumetti utopici; la scala degli effetti in crescendo seguita dal defunto amicone degli uranidi traspare in modo così grossolano, che dovrebbe far scuotere il capo anche ai lettori meno smaliziati.
L’approccio paleoastronautico ai testi religiosi non è, tuttavia, considerato del tutto errato:
Sulla scorta di questi esempi assai poco edificanti non vogliamo giungere a concludere che la Bibbia va del tutto trascurata come fonte d’informazioni: essa contiene senza dubbio accenni ad eventi, non solo religiosi, che influirono profondamente sulla storia della umanità, e noi ne abbiamo già parlato, tratteggiando alcune ipotesi formulate da autentici studiosi, certo ardite, ma non gratuite. Da ciò ad interpretare tutta la Sacra Scrittura in chiave spaziale, c’è però un abisso che si può colmare solo con un mare di pietose ridicolaggini.
Soprattutto sull’ultima parte (enfasi mia) non si può non essere d’accordo con lui, in particolare quando afferma ciò che ogni paleoufologo dovrebbe stampare e incorniciare:
Immaginiamo che la Terra sia sconvolta, fra qualche anno, da grandi cataclismi, e giungano ai posteri alcuni volumi stampati nella nostra era. Supponiamo che si tratti d’una storia dell’astronautica, d’un romanzo di fantascienza ambientato fra i vermi intelligenti del pianeta Desdemona e d’un paio d’albi a fumetti. Che cosa si sentirebbero autorizzati a dedurre i nostri discendenti? Che gli uomini, essendo riusciti a proiettarsi nello spazio, hanno scoperto un pianeta chiamato Desdemona e sono entrati in contatto con vermi intelligenti? Che prima della catastrofe la Terra era abitata da esseri volanti caratterizzati da una forza spaventosa, da donne invisibili e da animali altamente civilizzati? Oppure i nostri posteri, prima di trarre conclusioni tanto azzardate, cercherebbero d’ottenere la conferma di quanto hanno letto, dandosi alla ricerca d’altri testi e di tracce archeologiche?
A meno che non si tratti di uomini estremamente primitivi, seguirebbero senza dubbio la seconda strada. Converrà quindi anche a noi agire in questo modo, limitandoci a prendere in considerazione riferimenti meno nebulosi, suffragati da eloquenti tradizioni, cenni storici, reperti.
Tutto giusto e condivisibile al massimo, peccato però che egli stesso, quando narra di un tale che scoprì dei cadaveri di extraterrestri inumati da tempo immemore in un monastero tibetano, stia citando un racconto di fantascienza spacciandolo per un resoconto reale! Il rigore che giustamente afferma di voler seguire non è messo in pratica seriamente neanche quando cita il racconto di Lovecraft The mountain of madness come se contenesse un fondo di verità:
Si tratta di fantasia, senza dubbio, ma d’una fantasia «frenata», poiché, come hanno scritto i critici, «Lovecraft conduce gli elementi d’un solido ed accurato sapere scientifico al limite estremo dell’immaginazione: i dati della realtà quotidiana e quelli scientifici s’inseriscono in un mondo più vasto, percorso da tensioni cosmiche e tutto pervaso dalla potenza del mito».
Ed il mondo antartico porta davvero l’impronta, invisibile ma non per questo meno grandiosa e terrificante, che lo scrittore americano pur non avendovi mai posto piede ha saputo sorprendentemente cogliere.
Come si è visto nella prima parte, però, lo stesso Lovecraft ci teneva a dichiarare i suoi racconti come “100% fiction”. Nonostante ciò, l’autore, uno dei padri della fantascienza e dell’horror, è spesso citato da Kolosimo come fonte plausibile.
Falsificare tutte le numerose affermazioni campate in aria di Kolosimo è un’operazione che richiederebbe troppo tempo, per cui rimando al blog di Jason Colavito a cui ho appena fatto riferimento, nonché ai suoi libri, in cui traccia in modo dettagliato la storia della paleoastronautica e dimostra in modo inequivocabile come ogni singola presunta prova di contatti extraterrestri finora presentata non sia che una mistificazione.
Al momento basti far notare come Kolosimo fosse interessato a proporre una linea di pensiero simile nell’impostazione a quella di Pauwels e Bergier, lontano dal materialismo positivista quanto dallo spiritualismo, e nonché sul suo continuo riferimento a scienziati e scrittori di fantascienza sovietici, spesso trattando questi ultimi alla stregua dei primi:
È interessante soffermarci, in proposito, su quanto scrive lo studioso sovietico Viaceslav Saitsev in Na Suscě i na More («Sulla terra e sul mare»):
«Come ebbe origine l’uomo? Ecco uno dei più grandi misteri del mondo, a cui possiamo rispondere solo delinendo tre ipotesi:
a. L’uomo è un prodotto dell’evoluzione terrestre;
b. L’uomo è una creazione del Signore;
c. L’uomo è un anello d’una lunga catena evolutiva iniziata su qualche altro pianeta e continuata sul nostro.
Il suo stile chiaro ed efficace lo rese popolare in Italia e all’estero, contribuendo a diffondere in modo quasi capillare ogni tipo di curiosità che potesse mettere in discussione sia le religioni, sia la logica della scienza moderna dei “parrucconi” accademici, come li definiva lui.
Erich von Däniken
Nato in Svizzera nel 1935, Erich von Däniken è uno dei più celebri autori che hanno scritto di paleoastronautica. Condannato per frode e peculato e poi di nuovo per ripetuti e continuati atti di peculato, truffa e falsificazione di documenti, debuttò nella pseudostoria, fra un periodo di detenzione e l’altro, con il suo celebre Carri degli dei (Chariots of the Gods) nel 1968.
In esso, plagiò pesantemente sia Kolosimo, sia Pauwels e Bergier, accreditando questi ultimi come fonte solo dopo che gli fecero causa, mentre Robert Price e Charles Garofalo dimostrarono una diretta influenza di Lovecraft sulla sua opera (per cui v. bibliografia).

Von Däniken finì ancora una volta sui giornali per aver annunciato di aver visto, in una caverna in Ecuador, una montagna di manufatti che sarebbero stati la prova definitiva di un contatto alieno avvenuto in passato. Quando il presunto scopritore delle grotte, Juan Moricz, negò di avervi mai accompagnato von Däniken, quest’ultimo ammise in un’intervista a Playboy di aver abbellito i fatti:
In German we say a writer, if he is not writing pure science, is allowed to use some dramaturgisch Effekte—some theatrical effects. And that’s what I have done.
Due anni dopo questa intervista in cui l’autore ammette di aver inventato di sana pianta la sua visita alle grotte, che quindi non ebbe mai luogo, l’esploratore scozzese Stanley Hall organizzò lo stesso una spedizione presso il sistema di caverne della Cueva de los Tayos. Nonostante le più di cento persone impiegate, fra cui speleologi, militari, cineoperatori, nonché l’astronauta Neil Armstrong, questa spedizione si rivelò fallimentare dal punto di vista della paleoastronautica, anche se non del tutto infruttuosa per la scienza in generale, perché fornì materiale di studio per botanici e zoologi.
Anche se quasi per nulla originali, con le sue opere, von Däniken contribuì fortemente a diffondere l’idea per cui dei presunti alieni avrebbero non solo visitato il nostro pianeta in passato, ma avrebbero anche creato la nostra specie. Inoltre, anche se vi furono dei precedenti anche in questo caso, contribuì a divulgare l’idea secondo cui la visione di Ezechiele (cap. 1) non si riferisse ad altro che un disco volante. Questo diventerà un classico della paleoastronautica, che resite fino ai giorni nostri, per quanto gli stessi Pauwels e Bergier (p. 592) interpretino questo episodio in chiave puramente simbolica.
All’interpretazione in senso paleoastronautico dei testi antichi è dedicato un articolo a parte. Al momento basti sottolineare come la paleoastronautica si basa, quando va bene, su ipotesi e illazioni che si tramandano pari pari ormai da più di un secolo e, quando va male, su vere e proprie mistificazioni perpetuate da gente con diversi precedenti per truffa. Se certe teorie non vengono quindi accettate dal mondo accademico, i motivi ci sono, e non è per chiusura a priori, ma per una totale mancanza di metodo e di serietà nella ricerca e nella presentazione delle prove da parte dei loro promotori.
Bibliografia
- Jason Colavito, Faking History. Essays on Aliens, Atlantis, Monsters & More, CreateSpace 2013 (ebook).
- Peter Kolosimo, Non è alieno, Mondadori 1991.
- Louis Pauwels e Jacques Bergier, Le matin des magiciens, Gallimard 1960 (rist. 2010).
- Robert M. Price and Charles Garofalo, Chariots of the Old Ones?, in Robert M. Price (ed.), Black, Forbidden Things: Cryptical Secrets from the “Crypt of Cthulhu”, Starmont House 1992, pp. 86-87.
- Julian Strube, Die Erfindung des esoterischen Nationalsozialismus im Zeichen der Schwarzen Sonne, Zeitschrift für Religionswissenschaft 2012.
- Julian Strube, Nazism and the Occult, in Christopher Partridge (ed.), The Occult World, London/New York: Routledge 2015, pp. 336-347.