Ancora una volta, io non credo che siano fatti avvenuti davvero.
Tutto fa pensare che i testi biblici siano in gran parte testi nati per creare e mantenere l’identità di un popolo e per giustificare un culto (e quindi una casta sacerdotale).
La domanda «come spieghi questa cosa o quest’altra?» implica che chi la sta ponendo creda che siano resoconti di fatti reali. Quindi andrebbe posta a un teologo o a un paleoastronautico.
Dato che non ci sono prove che confermino che quegli eventi siano avvenuti davvero, uno storico può solo limitarsi a dire che ciò che è scritto significa semplicemente che qualcuno voleva comunicare qualcosa.
In altre parole, visto che fino a prova contraria (che finora non c’è) le ritengo storie inventate, per me non ha senso stare a chiedersi cosa volesse dire “davvero” quel particolare passo e cosa volesse intendere l’autore di quel passo biblico quando ha scritto quelle cose lì.
Un approccio davvero letterale si deve fermare davvero alla lettera. Pensare che dove c’è scritto X l’autore volesse dire in realtà Y è l’esatto opposto di una lettura letterale.
Inoltre, come ho scritto e detto più volte, quello di lasciare “non tradotti” alcuni termini è solo un pretesto per creare delle lacune nel testo che vengono colmate con l’immaginazione condizionata dalle aspettative di chi è già predisposto a vedere gli alieni nella Bibbia.
Questo vale come principio generale. In particolare, uno dei passi su cui mi è stata chiesta una spiegazione è quella della gloria (kavod).
La gloria sul Sinai
Nel caso della gloria, con quel termine si intende una manifestazione della divinità.
Non solo nell’ebraismo, ma anche in alcuni miti greci (si pensi ad esempio al mito di fondazione dei misteri eleusini), si riteneva che se una divinità si fosse veramente rivelata in tutto il suo splendore (appunto, la gloria), un essere umano sarebbe morto.
Questo è il senso di quel brano biblico: Mosè non può guardare in faccia la divinità, altrimenti ne morirebbe.
Inoltre, in nessun punto la gloria è descritta come un mezzo. Semplicemente, il testo non parla di dischi volanti.
Se qualcuno vuole vederli per forza anche dove non ce ne sono, è costretto a far dire al testo cose che di fatto non dice.
Quella di vederci un mezzo volante in un testo che non ne parla è un’interpretazione ideologica.
Se ci si ferma alla lettura letterale, il testo dice altro e non parla di mezzi volanti. Se si vuole vedere dei mezzi volanti, non si sta più facendo una lettura letterale.
E, per l’ennesima volta, una cosa scritta in un testo, di per sé, non è prova di nulla, fino a prova contraria. Prove al momento non ce ne sono, per cui non vedo quale sia la difficoltà di considerarla come una storia inventata.
Quel brano riflette semplicemente le credenze dell’epoca. Se non si hanno prove, perché prenderlo per vero?
Buongiorno Dr. Cuscito.
Avrei un quesito e Le sarei grato se potrà aiutarmi.
In Salmi 19,1 c’è l’espressione “Gloria di Dio”, in ebraico “kevòd el” e in Proverbi 25,2 “kevòd elohim” (scusi se commetto errori ma non sono un ebraista).
In questo caso il termine elohim può essere ritenuto un “plurale assoluto” del termine kavòd rendendo l’espressione “gloria divinamente grande”, così come spiega la nota della Bibbia di Gerusalemme a Genesi 1,2 per l’espressione “ruah elohim”?
Se così fosse potrebbe cadere un altro castello del Sig. Biglino, sia per il termine kavòd, sia per il termime elohim.
La ringrazio e Le auguro un felice anno nuovo.
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Salve. La costruzione grammaticale usata in tutti e tre i casi (incluso “ruaḥ elohim”) non è sempre traducibile univocamente. Per rendere nel modo più elastico, ma sempre senza travisare il testo, secondo me si può tradurre tutto come “gloria divina” e “spirito divino”. Buon anno.
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Grazie mille per la risposta.
Buon anno anche a Lei.
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